
L’autunno è arrivato.
Non è solo la malinconia di fine estate, ma anche il piacere dei primi morbidi golfini sulla pelle, del gusto dolce e forte delle castagne, del profumo intenso e inebriante dei funghi, delle vivide tonalità dell’arancio, del rosso, dell’ocra delle vigne ormai a riposo.
Infatti, le operazioni di vendemmia sono per lo più concluse.
Ma quale tipo di vendemmia?
Meccanica o manuale?
Il diffondersi della vendemmia a macchina trova la sua ragione nell’opportunità di abbattere i costi sempre molto elevati (la vendemmia manuale costa tre volte tanto), in questa fase del processo produttivo. Infatti, soprattutto in alcune zone d’Italia, essa ha conosciuto in passato una forte espansione. Ciononostante, nel perseguire la qualità della produzione, sono stati individuati, da tempo, i vantaggi consentiti dalla raccolta manuale. Tra questi, soprattutto, sottolineiamo la possibilità di effettuare una preselezione delle uve, che ne possa garantire l’adeguata maturazione e pulizia, limitando fenomeni di ammostamento e ossidazioni, sempre in agguato a causa della presenza di materiale potenzialmente nocivo, come frammenti di foglie, e simili, o delle alte temperature, particolarmente rischiose in caso di schiacciamenti incontrollati.
Ormai consapevoli dell’importanza della qualità delle uve, la raccolta viene effettuata, quindi, a mano, con tempistiche differenti e rispettose del loro grado di maturazione, a seconda del vino che se ne deve ottenere, utilizzando piccole cassette spesso di legno, che hanno sostituito via via i grandi contenitori, dentro i quali, per effetto degli inevitabili schiacciamenti, si sviluppavano di frequente fermentazioni incontrollate e alterazioni spesso irreversibili.
Non è quindi solo una questione di “immagine” o di riferimento romantico alla tradizione, ma di recupero consapevole di quanto di valido ci offre la tradizione del nostro Paese, alla luce degli studi e degli approfondimenti acquisiti nel frattempo.
Michela Farina