Climate change e vendemmia

La scorsa settimana vi abbiamo proposto una breve riflessione su quanto l’attività vitivinicola contribuisca a modificare ambiente e clima e abbia su di essi un impatto notevole, giusto per non tirarci fuori dalle nostre responsabilità.

Il rapporto reciprocamente vincolante tra ambiente, clima e attività vitivinicola è noto a chiunque e, quindi inevitabilmente, il cosiddetto “climate change” ha comportato, da qualche anno a questa parte, importanti novità nelle tappe che dalla vite conducono al vino nel bicchiere.

Parlando di cambiamenti climatici non dobbiamo limitarci alle estati torride di cui tutti abbiamo avuto esperienza ma anche a un inverno e una primavera altrettanto anomali che, eccezion fatta per qualche gelata, complessivamente sono stati caldi, siccitosi e senza neve.

Ogni anno la raccolta delle uve si deve adeguare all’andamento climatico dei mesi precedenti che non seguono più regole precise: quelle che, tramandate da generazioni, suggerivano tempistiche e ritmi di lavoro.

Le decisioni finali devono tener conto di temperature medie e quantità di pioggia, valutare la maturazione delle uve e decidere – con coraggio o incoscienza – se anticipare rispetto al solito.

In Oltrepò pavese, come –peraltro- anche in altre zone vitivinicole, la vendemmia è stata decisamente anticipata: prima per le uve che diventeranno il vino base per la spumantizzazione, quindi per le uve a bacca bianca, poi, a seguire, per quelle a bacca rossa dei vini di pronta beva, per finire con la raccolta delle uve rosse destinate a fornire i vini da affinare e invecchiare. Questo ha consentito non solo di far fronte ai cambiamenti del clima ma, soprattutto, di garantirsi una qualità che, come presto i nostri clienti verificheranno, sfiora l’eccellenza.

Ma è questa la soluzione?

Anticipare sempre più le vendemmie alla ricerca, sempre più spasmodica, dell’equilibrio tra maturazione fenolica, vitalità degli acidi e tensione dei tannini?

In realtà, con ogni probabilità, andrà ripensata e riletta innanzitutto l’attività viticola, procedendo con la riduzione delle rese per ettaro a vantaggio della qualità, e, magari, guardando alle realtà di quei paesi che col problema della siccità si confrontano da sempre, per scoprire e sperimentare nuove regole anche accettando di mettere in discussione decenni di esperienza.

Potremmo anche dover assistere a importanti cambiamenti nella geografia del vino, con un progressivo abbandono della pianura a favore di latitudini più elevate

Si dovranno, con ogni probabilità, rivedere le formule di allevamento, le scelte dei portainnesti, le soluzioni offerte da un’eventuale irrigazione forzata ecc. 

In cantina occorrerà riesaminare le abitudini legate alle norme igieniche, operando verso una riduzione delle risorse idriche utilizzate. 

Inevitabilmente ci saranno ripercussioni nell’ambito delle denominazioni che, forse, più di altri settori, farà fatica a far propri i cambiamenti.

Tutti questi scenari (e si potrebbe proseguire con gli esempi) sono accomunati dalla parola “cambiamento” che, a volte, ci fa paura ma che, spesso, è uno stimolo per imparare cose nuove, crescere, migliorare.

Non abbiamo (ormai) potere sull’evolversi del cambiamento (se non in un suo contenimento parziale) ma abbiamo potere sul modo in cui decidiamo di farvi fronte, auspicabilmente, comune.

Per noi di Cantine Rossella, quello della vendemmia è anche il tempo del ritrovarsi.

Ci trovate al numero verde per comunicarci le vostre ordinazioni.
Per facilitarvi, vi suggeriamo di visitare il nostro sito che potrà fornirvi spunti per l’acquisto del vostro vino preferito o assaggiare qualcosa di nuovo. 

L’autunno e l’inverno in arrivo possono diventare più dolci se affrontati in compagnia dei nostri vini, che, (ve lo ricordiamo), vengono consegnati a casa direttamente dai nostri fattorini, freschi e riposati e pronti a recapitarvi le nostre delizie.

Siamo a vostra disposizione al servizio clienti anche per avere informazioni, consigli o suggerimenti o per raccontarci come sono andate le vacanze. 

Non vediamo l’ora di sentirvi: questa è la parte che ci piace di più!

L’impatto della produzione del vino sull’ambiente

Se il 2020 e il 2021 hanno avuto come parola ricorrente quella del Covid, il 2022 verrà ricordato di sicuro per la questione ambientale, soprattutto perché, in particolare nel corso di questo anno, tutti noi abbiamo cominciato a risentire, in prima persona, di quelle che potrebbero esserne alcune implicazioni (ad esempio, l’innalzamento delle temperature). Inoltre sappiamo che la transizione verso un’economia maggiormente orientata alla sostenibilità ambientale è uno dei tre assi strategici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

In particolare si parla di impatto ambientale e sostenibilità.

Ma qual è il loro significato e cosa hanno a che fare col vino?

Solo nel 1972 si è parlato, per la prima volta, di sostenibilità ambientale, durante la prima Conferenza sull’ambiente delle Nazioni Unite. Venti anni dopo è stata prodotta la seguente definizione: “sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”, allargando, quindi, la tutela ad una accezione più ampia, che riguarda non solo l’ambiente e la necessità di preservarne le risorse naturali per le generazioni future, ma anche la componente sociale, in riferimento ai servizi e alle condizioni di vita e, inoltre, l’aspetto economico, in termini di reddito delle famiglie e delle imprese.

Si tratta, come si può intuire, di un processo di transizione lungo e complesso che dovrà, necessariamente, originarsi da una vera e propria rivoluzione di tipo culturale.


E nel mondo del vino?
Come siamo messi?
Produrre vino inquina? E quanto?

Si è stabilito che per ogni bottiglia prodotta si possa calcolare l’emissione di circa un chilo abbondante di anidride carbonica.

Pensiamo alle acque di scarico inquinanti, agli scarti organici solidi e gassosi non sempre –ahimè- correttamente trattati. E poi, naturalmente, l’impatto legato a spostamenti, consegne ecc.

Se rispetto alla dilagante attenzione ecologista si è risposto con l’introduzione di tipologie produttive alternative a quella tradizionale (vino biologico, biodinamico, vino naturale e vino vegano, con tutti i limiti ormai noti), in risposta alla richiesta attenzione ai problemi climatici, si risponde con l’introduzione del concetto di sostenibilità.

Essa non è altro che una declinazione, applicata al vino, dei concetti indicati qualche riga fa: produrre vino cercando di preservare le risorse naturali per le generazioni future e ricercare i migliori metodi per ottenere il minor impatto possibile sull’ambiente.

Si tratta di un’istanza sempre più diffusa soprattutto tra i consumatori, tra i quali si segnala la nascita dei cosiddetti “Lohas” -Lifestyle of health and sustainability-, con una estrema attenzione a salute, sostenibilità, etica e senso di responsabilità nelle scelte di acquisto, attenzione per l’ambiente e per le generazioni future. Inutile osservare che la gran parte delle aziende ha preso buona nota di questi fenomeni, attuando modifiche progettuali e strategiche nella produzione e nella comunicazione, non sempre, però, in maniera limpida e lineare. E’ il caso del fenomeno del “green washingstrategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo.

Ma, volendo optare per un approccio ottimistico e concreto, in che modo un’azienda potrebbe fare la propria parte?

Alcune risposte più interessanti del mondo del vino ci appaiono anche le più pratiche e realizzabili.

Ad esempio accorgimenti tecnologici che possano preservare le caratteristiche di freschezza e bassa alcolicità (condizioni sempre più richieste dal mercato) intervenendo a livello colturale e non con pratiche di cantina più impattanti. Qualche esempio:

–   uso del freddo per rallentare i processi enzimatici al momento della vendemmia

–   uso consapevole e razionale di ceppi di lieviti selezionati con un rallentato tenore di conversione zuccheri-alcol

–   incremento e diffusione della tecnica di raccolta anticipata delle uve (da sempre utilizzata ma oggi completate da uve diradate prima dell’invaiatura per ottenere un ‘mosto acido’ che viene poi aggiunto in diverse fasi della vinificazione).

–   ritorno al “reso” delle bottiglie, ovviamente in chiave moderna ed ecologica.

Ma se, invece, vogliamo cominciare avviando un processo individuale di tipo culturale possiamo cominciare a privilegiare la “vocazionalità territoriale”, con l’osservazione e l’analisi attenta nonché il rispetto del territorio, favorendo e valorizzando risorse “spontanee”, sia in vigna, sia in cantina. In particolare, con questa espressione si fa riferimento a quelle caratteristiche “pedoclimatiche” che rendono un determinato territorio particolarmente adatto ad un determinato tipo di coltura. La valutazione viene fatta attraverso analisi del sottosuolo e delle condizioni climatiche.

Questa “predisposizione” influenza non solo la qualità del prodotto finale ma consente un intervento in vigna e in cantina ridotti al minimo.

Questo reputiamo sia l’approccio più responsabile, nell’attesa che accorgimenti tecnici più sofisticati (ma forse anche più costosi) e di più lunga realizzazione possano divenire più facilmente attuabili e alla portata di tutti.