Lavorare in vigna durante l’estate: la viticoltura non si ferma mai

Ma con questo caldo si può ancora lavorare in vigna?

Ebbene si!

Ormai da tempo è ampiamente condiviso l’assunto: “il vino si fa in vigna”, ad indicare l’importanza della cura delle piante, l’attenzione nella scelta delle stesse, del tipo di allevamento, del suolo e del clima a determinare la qualità finale.

I mesi di Giugno e Luglio non fanno eccezione: anche in questo periodo la vigna lavora e agronomi ed enologi, fianco a fianco, ne seguono sviluppo e evoluzione, intervenendo ad ottimizzarne i processi e i risultati.

Il periodo dell’allegagione: dal fiore all’acino, un viaggio nella natura

Per la precisione, questo è il periodo della Allegagione.

Cosa significa? Si tratta di un processo naturale della pianta, durante il quale la fioritura lascia spazio alla fruttificazione. Compaiono sui tralci i minuscoli acini e la cura della vigna si realizza nella sistemazione dei germogli, nel loro corretto posizionamento così da garantire il microclima più idoneo al loro corretto sviluppo.

allegagione

In sostanza si assiste alla trasformazione dei fiori, che sono stati impollinati, in frutti.

Attenzione: in questa fase si verifica uno dei tanti processi attraverso i quali la Natura si “autopreserva”. Infatti non tutti i fiori si trasformano: questo avviene, normalmente, solo per il 20%. Quanto resta si trasformerà in viticci o ricadrà a terra. In questo modo si evita la dispersione delle sostanze nutritive impiegate nella produzione di una quantità, rivelatasi eccessiva, di frutti.

(A volte può accadere che la pianta interrompa lo sviluppo di acini già nati, per insufficienza delle sostanze necessarie: questo fenomeno è noto col nome di acinellatura).

Potremmo individuare un concetto chiave che è quello dell’equilibrio (concetto caro anche ai sommelier). Infatti tutto il processo naturale tenderà allo sviluppo e alla sopravvivenza di grappoli né troppo carichi (perché più esposti all’insorgere di malattie e marciume), né troppo carenti (spargoli: perché ridurrebbero il raccolto in misura eccessiva) in un lavorio che vede protagonisti, insieme alla Natura, proprio i vignaioli, con le attività di potatura e di trattamenti delle piante.

Eh no: in vigna non ci si ferma mai.

Perché è una delle poche attività agricole nelle quali è ancora Madre Natura a dettare tempi e ritmi. L’attività antropica si “limita” a migliorare, ottimizzare, preservare, a condizione di imparare ad osservare la natura e comprenderla nella sua più profonda essenza.

L’influenza del suolo sulla qualità del vino

suolo vigneto

Da qualche anno si sente ripetere sempre più spesso: “Il vino si fa in vigna”, ad indicare l’importanza del cosiddetto contesto pedoclimatico (intreccio di caratteristiche territoriali e climatiche), determinante per la qualità del prodotto finale. Soprattutto, però, con questa affermazione si vuole ribadire quanto, nell’enologia moderna, si siano prese le distanze dalla figura del “Piccolo chimico” che, nei decenni passati, in alcune zone, si era sovrapposta a quella dell’enologo illuminato.

Ma volendo concentrare la nostra attenzione sul terreno, sul suolo, esso quanto influisce?

Pur volendo tralasciare tecnicismi, è bene, però, chiarire che il suolo si può suddividere in due principali strati: quello più in superfice, più malleabile e che risente dell’intervento umano, in termini di tipologia di allevamento e lavori in vigna e, più in generale, delle scelte operate dal viticoltore.

Più interessante lo strato in profondità, sostanzialmente frutto della conformazione geologica originaria.

Questa parte del suolo è quella più ricca di interesse, la più importante, poiché non modificabile dall’intervento umano, e deve essere, proprio per questo motivo, scelta ed individuata dal viticoltore con molta attenzione e perizia. Pensate che oggi, nelle perlustrazioni finalizzate ad individuare le zone vocate alla viticoltura o a verificarne il potenziale, vengono utilizzati elicotteri (spesso droni), per “leggere” la conformazione del sottosuolo.

sottosuolo strati

Categorizzazione dei suoli e varietà di vini

I terreni destinati a trasformarsi in vigne hanno per lo più composizioni di: calcare, marne, scisti e argille.

Queste combinazioni agiscono in modo diverso sull’uva e sul vino che se ne può ricavare.

Vediamo in che modo, rifacendoci ad uno schema di facile consultazione (credits by vinoway.com).

  • Terreni calcareo-marnosi corrispondono a colori compatti e profondi. Profumi intensi e variegati. Buona struttura generale. Ricchezza di alcol.
  • Terreni calcareo-arenaceo determinano vini molto equilibrati nelle componenti alcoliche e fenoliche. Profumi fini.
  • Terreni calcareo-argillosi: ci regalano vini di grande qualità.
  • Terreni marnoso-ferruginosi: ci danno vini di ottima qualità.
  • Terreni argillosi: risultano più idonei alla coltivazione di uve a bacca rossa con pigmentazioni molto intense, sensazioni olfattive complesse, e ricchezza d’alcol con conseguente morbidezza e longevità.
  • Terreni sabbiosi: invece ci danno poco colore e struttura, buona acidità fissa per vini da bere freschi.
  • Terreni acidi: vini dai colori poco intensi ma vivaci con discrete sensazioni olfattive e buona freschezza. Leggeri di alcol e dalla struttura piuttosto debole.
  • Terreni umidi: vini dal colore tenue con sensazioni olfattive scarse e molta acidità.
  • Terreni fertili: vini col colore tenue, dai profumi leggeri e vinosi ma deboli di corpo e di breve vita.
  • Terreni ciottolosi e permeabili, infine, ci fanno dono di vini di ottima qualità ed alto titolo alcolometrico.

Il nostro Oltrepò Pavese risulta estremamente composito e variegato quanto a composizione del sottosuolo, presentandosi in alcune microzone con marne argillose e marne sabbiose, perfette per le uve di Barbera, Croatina e Uva Rara dai colori molto intensi. Mentre in altre località le marne sabbiose si arricchiscono di componenti calcarei, adatti a regalarci vitigni a bacca bianca ma, soprattutto, il Pinot nero che trova la sua massima espressione proprio sulle nostre colline di Santa Maria della Versa.

Poiché la vite si adatta a qualsiasi tipo di terreno ma lo stesso vitigno non dà uve uguali se coltivato in terreni dalle caratteristiche differenti, la composizione e conformazione del terreno diventa un aspetto di grande fascino, poiché, non visibile agli occhi, si rivela infine nel bicchiere.