La magia della fermentazione

Il mosto

E poi?
Dopo la vendemmia?
Abbiamo conferito l’uva in cantina e abbiamo proceduto con la pigiadiraspatura. E ora? 
Il vino come si fa?
Tutto ha origine dal mosto, che è quanto si ottiene dalla pigiatura.

Cos’è il mosto?

Il mosto è un mondo. Esso contiene infatti un numero enorme di componenti: acqua per un 70-80%, glucosio, fruttosio e un elevato numero di sostanze tra cui le più importanti sono l’acido tartarico, l’acido malico e l’acido citrico, i cosiddetti acidi fissi che contribuiranno in modo fondamentale alla freschezza del vino, e poi pectine e tannini. Molti di questi componenti verranno donati al vino in sede di vinificazione, andando a caratterizzarne tipologia e personalità: sali minerali, acidi volatili, antociani, glicerina, sostanze proteiche, vitamine ecc.

La vinificazione resta, ancor, oggi, una trasformazione che segue criteri e leggi del tutto naturali, oggetto, nei secoli, di interesse e studio da parte dell’uomo che ne ha potenziato l’efficacia e migliorato la resa e la qualità ma sempre più, nei decenni più recenti e nelle sue declinazioni più qualitative, rispettandone la naturalezza.

La fermentazione dell’uva: una fase magica.

La fermentazione (cuore della vinificazione) è un processo ad alta complessità, che passa attraverso oltre trenta reazioni determinate dagli enzimi dei lieviti.

I lieviti sono vegetali unicellulari che rappresentano i veri artefici della trasformazione del mosto in vino, nutrendosi degli zuccheri presenti nell’uva (fruttosio e glucosio) e trasformandosi e producendo alcol, anidride carbonica e energia termica.

Proprio dall’osservazione di questa “magica” trasformazione prendono corpo, nel XVIII secolo,  gli studi di Luis Pasteur che, sulla scorta di Lavoisier, enucleò tesi e principi, ponendo le basi della moderna enologia.

I lieviti.

I lieviti si trovano per natura sulla buccia dell’acino e hanno caratteristiche diverse a seconda del tipo di uva cui appartengono. Nel tempo, grazie ad un’importante opera di studio e osservazione, essi sono stati catalogati e suddivisi in modo che possano essere utilizzati in enologia per migliorare e conferire personalità a mosti e vini, non perdendo nulla in termini di naturalezza (vengono liofilizzati e aggiunti al mosto).

In enologia il tipo di lievito più comune è il Saccharomyces Cerevisiae, utilizzato anche per la fermentazione della birra e per la lievitazione del pane.

Nelle fasi iniziali della fermentazione, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzano cioè l’ossigeno presente nel mosto, trasformando gli zuccheri in acqua e anidride carbonica. Quando nel mosto si esaurisce l’ossigeno, inizia la fermentazione vera e propria, un processo svolto in condizioni anaerobiche (in assenza di aria), durante la quale i lieviti producono energia attraverso l’ossidazione degli zuccheri trasformandoli in alcol etilico, anidride carbonica e altri prodotti secondari o sottoprodotti, che svolgono un ruolo essenziale nelle qualità aromatiche e gustative del vino. Proprio questi prodotti “secondari” determineranno caratteri gustativi e organolettici del prodotto finale.

Fattori importanti in fase di fermentazione

Sono due i fattori dei quali l’enologia si serve per “guidare” questo complicato processo: il tempo e la temperatura.

Teniamo presente che maggiore è il tempo di fermentazione e più alte le sue temperature, più forte sarà l’azione di estrazione dal mosto, di aromi, colori e sostanze.

Se non si controllano questi processi, gestendo la temperatura con l’ausilio di serbatoi refrigeranti che avvolgono i vasi vinari, il rischio è di sviluppare caratteristiche organolettiche non armoniche col tipo di vino che si desidera produrre o di perdere in finezza ed equilibrio.

Per questo motivo, tendenzialmente, le temperature di fermentazione saranno più alte quando si producono i vini rossi (nei quali risulta armonico e coerente la presenza di colori, e caratteristiche aromatiche più marcati) e saranno più basse quando si intende produrre vini bianchi nei quali dovranno prevalere freschezza ed eleganza.

Inoltre è di fondamentale importanza che il mosto si trovi nelle migliori condizioni possibili prima dell’avvio della fermentazione, cioè non deve essere ossidato.

Per questo motivo la fermentazione viene avviata il prima possibile dal conferimento delle uve in cantina, per scongiurare l’attacco di batteri e possibili ossidazioni.

La temperatura è determinante anche durante l’aggiunta dei lieviti selezionati nel mosto. È importante che la temperatura dei lieviti sia il più possibile uguale a quella del mosto al quale saranno aggiunti, poiché eccessive differenze potrebbero provocare la morte di gran parte dei lieviti, rendendo quindi vana questa operazione.

Infine è opportuno ricordare che l’aggiunta dei lieviti selezionati va fatta prima dell’inizio della fermentazione.

Quanto descritto costituisce uno schema molto generico: su di esso l’enologo apporta personalizzazioni, modifiche, variazioni volti a conferire carattere e peculiarità al frutto di un lavoro che si rivela essere sempre più di enorme fascino e complessità.

Non è Halloween ma in cantina la magia è già incominciata!

La Fermentazione Malolattica

fermentazione-malolattica

Crediamo sia ormai noto che dietro un semplice bicchiere di vino si celi una imponente mole di lavoro, progetti, fatiche e tanta passione. Ma alla base di un progetto di vitivinicoltura oggi deve esserci una sostanziale conoscenza dei processi biologici attraverso i quali la Natura ci fa questo dono.

L’enologia moderna nasce dall’osservazione dei fenomeni naturali, dalla comprensione dei suoi meccanismi di causa-effetto, dallo studio di essi sempre più approfondito sino a ottimizzarne e orientarne i risultati in termini di resa e qualità.

In questa visione trova il suo perfetto ruolo il fenomeno delle Fermentazione Malolattica. È un fenomeno del tutto naturale e spontaneo, a patto di specifiche condizioni fisiologiche, divenuto, grazie a studi e approfondimenti, strumento di valorizzazione del prodotto.

Cos’è esattamente la Fermentazione Malolattica?

Si tratta della seconda trasformazione biochimica, per essere precisi una reazione di decarbossilazione. La prima è quella alcolica, che trasforma il mosto in vino (insieme a Co2 e ad energia termica) grazie all’azione dei lieviti, naturalmente presenti nella buccia dell’acino o selezionati e allevati sempre in modo naturale. Tecnicamente la Malolattica consiste nella trasformazione dell’acido malico, uno degli acidi “fissi” dell’uva, insieme all’acido tartarico e citrico, in acido lattico e, ancora una volta, anidride carbonica.

In quali condizioni questo fenomeno si sviluppa ed è possibile? Sono necessarie tre condizioni:

  • pH del vino non eccessivamente basso, quindi vini non eccessivamente acidi;
  • alcol etilico inferiore a 15%;
  • temperatura tra i 18° e i 20°;

Per questo motivo solitamente si svolge nella stagione primaverile. Ma, qualora non vi fossero le condizioni naturali e la fermentazione non si svolgesse in modo spontaneo, viene provocata intervenendo sulla temperatura.

A cosa dobbiamo questa essenziale trasformazione?

Gli agenti della Fermentazione Malolattica sono i batteri lattici, la cui azione, però, viene inibita dal freddo.
Per questo motivo occorre fare attenzione alle temperature.

A cosa serve la Fermentazione Malolattica?

Durante questo processo l’acido malico, più acerbo e più acre, si trasforma in acido lattico, più maturo e più morbido.
Per queste caratteristiche, la Malolattica viene utilizzata prevalentemente nei vini rossi per conferire loro maggiore equilibrio, persistenza, corpo e profumi più fini.

Inoltre, poiché la maggior parte dei batteri lattici sono “eterofermentativi”,  ossia possono generare ulteriori prodotti secondari che potrebbero arricchire il bagaglio aromatico, in alcuni casi la Malolattica viene estesa anche ad alcuni vini bianchi, magari di struttura più importante. È il caso di alcuni Chardonnay. Vengono esclusi ovviamente i bianchi più giovani, nei quali la freschezza costituisce un requisito di qualità.

Anche su qualche rosso è preferibile evitarla. È il caso dei rossi la cui peculiarità sia la ricchezza di profumi primari, ossia sentori di fiori e frutti, o per tipologia di vinificazione o per profilo cromosomico dell’uva, come per esempio rispettivamente i Novelli o uve come il Pinot nero.

Per finire… una piccola curiosità!

Gli Orange Wines, ottenuti da una vinificazione “in rosso” di uve bianche, ossia con una lunga permanenza sulle bucce, possono essere valorizzati dalla Fermentazione Malolattica, proprio come i rossi.

Vi incuriosiscono dei vini con un nome così strano? Ditecelo nei commenti! Potremmo parlarne nei prossimi appuntamenti.