
Crediamo sia ormai noto che dietro un semplice bicchiere di vino si celi una imponente mole di lavoro, progetti, fatiche e tanta passione. Ma alla base di un progetto di vitivinicoltura oggi deve esserci una sostanziale conoscenza dei processi biologici attraverso i quali la Natura ci fa questo dono.
L’enologia moderna nasce dall’osservazione dei fenomeni naturali, dalla comprensione dei suoi meccanismi di causa-effetto, dallo studio di essi sempre più approfondito sino a ottimizzarne e orientarne i risultati in termini di resa e qualità.
In questa visione trova il suo perfetto ruolo il fenomeno delle Fermentazione Malolattica. È un fenomeno del tutto naturale e spontaneo, a patto di specifiche condizioni fisiologiche, divenuto, grazie a studi e approfondimenti, strumento di valorizzazione del prodotto.
Cos’è esattamente la Fermentazione Malolattica?

Si tratta della seconda trasformazione biochimica, per essere precisi una reazione di decarbossilazione. La prima è quella alcolica, che trasforma il mosto in vino (insieme a Co2 e ad energia termica) grazie all’azione dei lieviti, naturalmente presenti nella buccia dell’acino o selezionati e allevati sempre in modo naturale. Tecnicamente la Malolattica consiste nella trasformazione dell’acido malico, uno degli acidi “fissi” dell’uva, insieme all’acido tartarico e citrico, in acido lattico e, ancora una volta, anidride carbonica.
In quali condizioni questo fenomeno si sviluppa ed è possibile? Sono necessarie tre condizioni:
- pH del vino non eccessivamente basso, quindi vini non eccessivamente acidi;
- alcol etilico inferiore a 15%;
- temperatura tra i 18° e i 20°;
Per questo motivo solitamente si svolge nella stagione primaverile. Ma, qualora non vi fossero le condizioni naturali e la fermentazione non si svolgesse in modo spontaneo, viene provocata intervenendo sulla temperatura.
A cosa dobbiamo questa essenziale trasformazione?
Gli agenti della Fermentazione Malolattica sono i batteri lattici, la cui azione, però, viene inibita dal freddo.
Per questo motivo occorre fare attenzione alle temperature.
A cosa serve la Fermentazione Malolattica?

Durante questo processo l’acido malico, più acerbo e più acre, si trasforma in acido lattico, più maturo e più morbido.
Per queste caratteristiche, la Malolattica viene utilizzata prevalentemente nei vini rossi per conferire loro maggiore equilibrio, persistenza, corpo e profumi più fini.
Inoltre, poiché la maggior parte dei batteri lattici sono “eterofermentativi”, ossia possono generare ulteriori prodotti secondari che potrebbero arricchire il bagaglio aromatico, in alcuni casi la Malolattica viene estesa anche ad alcuni vini bianchi, magari di struttura più importante. È il caso di alcuni Chardonnay. Vengono esclusi ovviamente i bianchi più giovani, nei quali la freschezza costituisce un requisito di qualità.
Anche su qualche rosso è preferibile evitarla. È il caso dei rossi la cui peculiarità sia la ricchezza di profumi primari, ossia sentori di fiori e frutti, o per tipologia di vinificazione o per profilo cromosomico dell’uva, come per esempio rispettivamente i Novelli o uve come il Pinot nero.
Per finire… una piccola curiosità!
Gli Orange Wines, ottenuti da una vinificazione “in rosso” di uve bianche, ossia con una lunga permanenza sulle bucce, possono essere valorizzati dalla Fermentazione Malolattica, proprio come i rossi.
Vi incuriosiscono dei vini con un nome così strano? Ditecelo nei commenti! Potremmo parlarne nei prossimi appuntamenti.