Invaiatura: colori e sapori dell’uva d’estate

Non solo con l’autunno la vigna si colora di arancio e di rosso. 

Nel corso dell’estate, in un periodo variabile tra Agosto e Settembre i grappoli cominciano a gonfiarsi e ad assumere sfumature di colore che preannunciano, nell’aspetto, quanto ci regaleranno al palato. 

È proprio il caso di dire che la forma si fa sostanza

Infatti in questo periodo si realizza il fenomeno dell'”invaiatura“. 
Questo processo, dal nome quasi esotico, equivale a quel momento in cui la pianta interrompe la fotosintesi ed inizia la sintesi degli aromi e dei cosiddetti polifenoli: sostanze naturali dell’uva che conferiscono colore, profumo e sapori al vino. Aumenta la gradazione zuccherina e diminuisce l’acidità fino alla fase finale di maturazione.

Non solo aspetto esteriore ma anche contenuto: all’intensificarsi dei colori e delle sfumature, quando gli acini delle varietà a bacca bianca passano dal verde al giallo e le varietà a bacca rossa assumono diverse tonalità di rosso e viola, corrisponde la maturazione dei polifenoli.

Essi rappresentano quanto di più identitario appartenga ad un vitigno, rendendolo unico e ricco nella propria diversità. Solo questa ricchezza consente, una volta in cantina, la creazione di un vino che, in un percorso naturale, si fa espressione di un territorio e di una cultura. 

Se si procede con tecnica e rispetto della Natura, il bicchiere restituirà al nostro palato i colori, il sole, il vento, talvolta la salsedine e la ricchezza del sottosuolo che hanno accompagnato lo sviluppo di questi acini.

Si suol dire che “dall’invaiatura mancano 60 giorni alla vendemmia”, quindi oggi siamo in anticipo rispetto ad una fase quasi conclusiva del processo di maturazione della vigna. 

Ciononostante abbiamo voluto parlarvene così che, durante le vostre vacanze magari in una delle zone vitivinicole di cui il nostro Paese è ricco, possiate ripensare a questa descrizione, alla vista di un vigneto, magari ravvivato nei suoi colori da un romantico tramonto, ovviamente con in mano un calice di vino.

Cin cin!

Cosa succede in cantina dopo la vendemmia?

dopo la vendemmia

Al momento del conferimento in cantina delle uve raccolte con tanta attenzione, ha inizio una grande quanto delicata avventura.

Quando si parla di vendemmia, la nostra immaginazione corre verso immagini romantiche, nelle quali bimbi, donne e altri partecipanti appaiono con i piedi immersi in catini strabordanti di grappoli d’uva. Questa immagine ha corrisposto alla realtà per decenni, per lasciare il posto, con l’avvento della meccanizzazione, a strumenti che tanto hanno tolto al romanticismo ma molto hanno significato in termini di produttività ma, soprattutto, di igiene e qualità del prodotto finale.

vendemmia

Il primo cambiamento ha visto l’avvento delle pigiatrici.
Esse schiacciavano, contemporaneamente, l’uva ma anche il raspo. Il raspo non è altro che il grappolo dell’uva privato dei chicchi, ed è formato da un asse centrale, il peduncolo, che lo collega al tralcio e da numerose ramificazioni, chiamati pedicelli, che supportano e nutrono ogni singolo acino.
Esso è composto di un’alta percentuale di acqua ma anche di tannini molto amari che, se presenti nel mosto, conferirebbero una eccessiva astringenza e un dannoso sapore amaro. Non, quindi, i tannini “nobili” presenti nell’acino ma tannini “legnosi”.

Un passo avanti nell’innovazione con le pigiadiraspatrici

Si è reso necessario, per questi motivi, fare un ulteriore passo avanti che ha visto l’introduzione delle pigiadiraspatrici. Sono costituite da una rete in acciaio con dei rulli, sempre in acciaio o in gomma, che evitano la frantumazione del materiale pigiato, trattenendo il raspo e facendo passare l’acino. In questo modo si lavora solo sulla parte davvero preziosa del grappolo, con evidente riduzione di volume, data la notevole presenza di acqua nei raspi. Ma l’effetto più importante è costituito dall’aspetto igienico. Infatti l’uso delle pigia-diraspatrici consente un intervento più rapido sui grappoli, riducendo ossidazioni o ammaloramenti o fermentazioni anticipate e dannose, limitando il contatto dell’uomo al solo momento della raccolta.

Peraltro va anche specificato che questa operazione non sempre viene svolta perché, come sempre, dipende dal risultato perseguito. Infatti i raspi possono avere anche effetti benefici. Data la forte presenza di acqua, i raspi possono consentire una migliore regolazione termica del mosto, impedendo un eccessivo aumento della temperatura, causata dalla fermentazione, e che potrebbe inibirla. Inoltre i raspi contengono ossigeno e questo aiuta nelle fasi di macerazione e fermentazione.

Abbiamo notizie di una tra le prime diraspatrici costruita nel 1895 dai F.lli Vitali a Villongo S. Alessandro (Bergamo).

La storia del vino è ricca di passaggi come questo, frutto dell’impegno e dell’ingegno umani, volti a migliorare il prodotto ma anche a rispettare la vocazionalità di ciascun vitigno, nel valorizzarne differenze e peculiarità.