Troppo buoni i vini Barberis per fermarci ad un’unica produzione!
Dopo lo Chardonnay, vitigno internazionale, che trova tra queste colline una freschezza ed una sapidità tali da renderlo tipico e riconoscibile, è la volta del Dolcetto.
Si cambia musica: siamo in piena tradizione ma, anche, proiettati nel più gustoso dei futuri probabili.
Inoltre, il Dolcetto costituisce un eccellente esempio di quella territorialità, che sta portando alla ribalta vitigni tipici ma dimenticati, che ancora tanto hanno da raccontare e che vogliamo raccontare col progetto Incontri diPiù.
Progetto nato dal desiderio di condividere con i nostri clienti incontri ed esperienze della nostra sommelier Michela Farina, e di mettere a loro disposizione i risultati e i frutti di queste combinazioni.
Immagina un territorio antico ma poco blasonato. Autentico ma troppo “slow” per essere annoverato tra le Langhe modaiole.
Immagina ora che queste Langhe improvvisamente diventino oggetto di interesse proprio per la loro componente verace.
Immagina un paesaggio dominato da colline più che alte, particolarmente ripide. Tanto da spingere i contadini, già a metà Ottocento ad edificare muretti di contenimento, a secco, in piedi ancor oggi.
Immagina colture di vigneti e nocciole, inerpicate su queste colline, rese nervose dall’escursione termica che dona loro freschezza e il Marin, il vento salmastro che arriva dalla vicina Savona e dona loro sapidità.
In questo angolo di mondo nel quale si sposano il sottosuolo calcareo-marnoso col clima fresco e ventilato di alta collina, trova il suo habitat più naturale il vitigno Dolcetto.
Non tragga in inganno il nome suggestivo: il vino che se ne ricava dolce non lo è affatto e, anzi, nervoso di tannini, perfetto frutto di quelle colline aspre, difficili, che raggiungono fino al 50% di pendenza, giustificando l’appellativo di viticoltura eroica e inducendo spesso all’ipotesi di una teleferica per i lavori in vigna e per le vendemmie.
Ma proprio per questi motivi, un vino davvero identitario: come piace a noi.
L’abbiamo definito vitigno del futuro, quando l’innalzamento delle temperature spingerà ancor più che nel presente a prediligere terreni a più alta quota, alla ricerca della freschezza che regala longevità, del vento che asciuga e previene le muffe.
Non più, quindi, vino “povero”, rispetto ai decantati Barolo e Barbaresco, bensì vino vero, ma, per questi stessi motivi, prodotto in quantità ridottissima: solo 1000 bottiglie!
Per questo motivo, vi invitiamo alla sua conoscenza