Degustazione “alla cieca” e perché provarla.
1° caso. Un amico d’infanzia ci regala una bottiglia di vino, decantandocene caratteristiche e qualità, e rapporto qualità-prezzo.
2° caso. Abbiamo ottenuto un aumento di stipendio: decidiamo di trattarci bene e di acquistare una bottiglia “di quelle buone” nell’enoteca in centro da cui, di solito, dobbiamo tenerci alla larga.
4° caso. Con gli amici di sempre facciamo il giro delle cantine assaggiando i vini proposti in compagnia di taglieri di salumi locali.
5° caso. Acquisto la bottiglia di vino al supermercato, lasciandomi guidare dall’istinto.
Queste ricordate sono solo alcune delle situazioni nelle quali ci troviamo a degustare del vino.
Condizionamenti esterni nella degustazione.
Abbiamo mai riflettuto su quanto il tipo di situazione, la compagnia, la forma della bottiglia, l’etichetta e il suo contenuto vadano a condizionare il nostro giudizio?
Ve lo diciamo noi: davvero tantissimo.
A tal punto che sembrerebbe quasi impossibile esprimere un giudizio davvero oggettivo.
In realtà i degustatori di professione, in particolare quelli preposti ad emettere valutazioni qualitative che poi andranno sulle guide, seguono protocolli rigorosi.
Ma, pur non essendo dei professionisti, possiamo cimentarci in un tipo di degustazione che, seppure non annulli completamente i condizionamenti esterni, li limita notevolmente.
Ci riferiamo alla cosiddetta degustazione “alla cieca”.
Degustazione “alla cieca”. Cos’è e come funziona.
Essa consiste nel procedere nel percorso degustativo senza poter vedere né la bottiglia, con etichetta e retro, né conoscerne tipologia, o azienda produttrice o provenienza geografica. Per questo motivo, si serve il vino da una bottiglia “vestita”, ossia coperta perché non se ne veda l’etichetta, e, in alcuni contesti, utilizzando addirittura un calice coprente.
L’obiettivo è di mettere alla prova i nostri sensi, dei quali, com’è noto, utilizziamo solo in parte l’enorme potenziale. Il percorso degustativo, a prescindere dalla corrente didattica a cui si faccia riferimento, si avvale dell’utilizzo sapiente e codificato dei tre sensi di vista, olfatto e gusto. In realtà, secondo illustri opinionisti, si potrebbe includere in questo elenco anche il tatto (per le informazioni che ci fornisce sulla temperatura del bicchiere) e l’udito, per il promettente “glu-glu” che anticipa quanto gusteremo di lì a poco.
Tutti questi sensi possono divenire, se ben addestrati, strumenti infallibili di analisi che, quasi svolgessimo un’indagine investigativa, può restituirci se non il nome del vino o dell’azienda produttrice (ma ai più bravi riesce anche questo!), se non altro caratteristiche organolettiche del vino e quindi, con buona approssimazione, zona di provenienza e restringere la rosa di vitigni da cui esso può avere avuto origine.
Gli “archivi imperfetti” e la degustazione “alla cieca”.
Ognuno di noi è dotato di una sorta di archivio interiore, nel quale sono custodite sensazioni ed esperienze che, grazie a stimolazioni sensoriali, ci possono tornare alla memoria, restituendocene nome, luogo, persone, emozioni.
Il ruolo delle emozioni nella degustazione “alla cieca”.
Il segreto è la concentrazione, il rispetto fedele delle tecniche degustative, e (ciò che più ci piace!) l’esercizio e l’allenamento. Può aiutare munirsi di un quaderno su cui prender nota, accanto al nome del vino, di caratteristiche e sensazioni, fino a creare un proprio personalissimo catalogo di esperienze ed emozioni.
Perché quando si tratta di vino è sempre di emozioni che si tratta.
M. Farina